– È il momento di qualcosa di diverso –
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“Chi ha il diritto di giudicare le indicibili sofferenze pagate per la propria vita?”
James Baldwin
“Cerco di legare la mia anima al mio lavoro”
Michael Jackson
C’era bisogno di una nuova biografia su Michael Jackson? Che cosa può sperare di aggiungere, dopo tutto quello che è stato già detto sull’interessante biografia di Jackson, che vale la pena di essere pubblicato o letto? Steve Knopper offre l’ennesima biografia “definitiva” di Jackson (come dice sul retro del libro). MJ: The Genius of Michael Jackson di Knopper segue i predecessori fino nel lontano 1980, e contribuisce ben poco all’interpretazione di una storia già familiare. Come i modelli di Randall Sullivan e J. Randy Taraborrelli, [1] anche Knopper si avvicina al “giornalismo” da tabloid e ai pettegolezzi TV, e allo stesso tempo fa un grande sforzo di ricerca. (Note, annotazioni finali e un indice!) Egli sembra abbastanza riluttante ad analizzare criticamente sia il suo materiale e le proprie intenzioni. MJ non solo riporta gli stessi eventi e le storie di Sullivan e Taraborrelli, ma spesso cita le stesse fonti e sono scritte in un tono simile.
Sul risvolto di copertina, Knopper si descrive come l’autore di un libro che mostra i cambiamenti nel settore della musica, [2] i diversi articoli della stampa commerciale, e di essere riconosciuto come “redattore di Rolling Stone.” Chiunque abbia familiarità con Untouchable di Sullivan del 2012, probabilmente farà una breve pausa. Sì, perché, Knopper è il secondo biografo di Jackson in soli tre anni, che esce dalla redazione di Rolling Stone, una rivista, il cui storico abbandono della musica nera è da tempo noto e le sue decennali ostilità verso Jackson, in particolare, hanno iniziato ad essere denunciate. [3] Data la sovrapposizione, e il fatto che il libro di Knopper non è molto diverso da quello di Sullivan (quando è diverso, tende a offrire meno, non di più), è difficile discernere ciò che si intendeva con la pubblicazione di questo libro.
Uno dei problemi di Knopper è che i precedenti biografi hanno già scritto la maggior parte di ciò che egli pensa sia degno di nota. Sono stati intervistati tutti i possibili colleghi/amici di Jackson, e in pochi, ovviamente, sono stati disposti a rispondere ancora una volta alle stesse domande di Knopper. Ma una biografia “definitiva” ha bisogno di tali dichiarazioni. Per il genere di libro che intendeva scrivere Knopper, è importante notare, che non un solo membro della famiglia di Jackson gli ha concesso un’intervista. Nemmeno il primo genito di Jackson, ormai adulto. Lisa Marie Presley, come Knopper deve ammettere “ha rifiutato di rispondere alle domande su Michael Jackson”. Deborah Rowe non ha voluto parlare con lui, la stessa cosa Quincy Jones. [4]
Così, che cosa fa Knopper? Copia i testi delle interviste che queste persone hanno rilasciato ad altri. La maggior parte del materiale di Knopper è già scritto nero su bianco. Non c’è niente di nuovo dal materiale passato in rassegna. Ripete un repertorio di aneddoti familiari nel linguaggio comune, utilizzando lo stesso tono dispregiativo e lo stesso modello di pensiero spietato, come è stato fatto nel passato dai critici di Jackson nella stampa commerciale. Egli ha raccolto insieme, tutto ciò che qualcuno ha concesso di essere riportato come una citazione da qualche parte, e ne ha fatto un calderone, senza esprimere un parere critico circa l’affidabilità (o meno) di queste informazioni. Lo stesso vale per ciascuna affermazione. [5] Io credevo, che il compito di una biografia “definitiva” fosse quello di mettere in chiaro e fare precisione sul sentito dire e fare una attenta analisi, piuttosto che concentrarsi sulle frivolezze. Ma qui non è stato fatto neanche un tentativo. Niente!
Perché, Knopper si è preoccupato di ripetere a pappagallo le storie generalmente accettate, e non ha rivelato ciò che è veramente importante: l’intelligenza, il coraggio, il talento, e la perseveranza di una star bambino sfruttato per spianare la strada, passando dalle restrizioni e le umiliazioni dei chitlin circuit al riconoscimento e una posizione dominante di mercato in tutto il mondo; profondamente legato alla tradizione, eppure del tutto originale, nella sua visione artistica; gli evidenti obiettivi; l’instancabile volontà di cercare di migliorarsi, sempre.
In fondo, questa incredibile danza, non è forse la perfezione raggiunta da sé. Jackson ha profuso, un proprio personale sforzo. Ha “scritto e composto” o collaborato a molte delle sue canzoni (come ha detto) – a partire dall’album Bad – ne ha curato la produzione e la commercializzazione, e ha creato gli ineguagliabili concerti e cortometraggi. Certo, non ha fatto tutto da solo, durante questo processo, ma era un lavoro frutto della sua creatività e l’instancabile volontà. Jackson era solito dire, quando gli è stato chiesto, che le sue idee erano opera di Dio, e lui era solo il “mezzo”. Ma non avrebbe trasmesso la sua arte senza la costante dedizione, l’autodisciplina, e il lavoro. Un incredibile lavoro. “Ho sempre voglia di lavorare anche per tutta la notte,” Jackson ha detto all’inizio della sua carriera, “lavoro fino allo sfinimento.”
Ignorare questo lavoro è, come denigrare Jackson a semplice genio “naturale”, dimenticando che aveva sviluppato una proficua carriera, prima ancora di iniziare la carriera solista all’età di ventun anni. I successi di Jackson, come risultati di un inevitabile “talento”, sono trattati con poca consapevolezza artistica, questo vuole dire rifiutare un conseguimento magistralmente raggiunto con una forma di attenzione e ottenuto con grande sforzo e fatica. Knopper lo fa sembrare troppo facile, troppo innato. E questo trucchetto è una strategia di superiorità ormai radicata nel tempo. Non ricordate che gli africani sono atleti “naturalmente dotati” e le donne, ma non gli uomini, sono genitori “istintivi”? Gli stessi modelli di pensiero.
Detto questo, è facile per Knopper porsi come persona superiore rispetto al suo bersaglio. Dubita di Jackson continuamente e scredita le sue decisioni personali, che Knopper trova sconcertanti. Perché non ha riconosciuto, invece, il pieno impatto del “genio di Michael Jackson,” Knopper lo ignora, nel senso che in realtà avrebbe potuto riconsiderare le azioni di Jackson, o le ragioni per le sue decisioni, anche personali, almeno in parte, nell’arte avrebbe potuto prenderle in esame.
Consideriamo, per esempio, la questione degli interventi estetici di Jackson, che hanno fatto sempre molto scalpore. Negli ultimi anni è stato sostenuto che Jackson avesse trasformato il suo volto in una opera d’arte sfidando le ideologiche e ridefinendo come guardare ad essa. [6] La prova che avesse fatto meno operazioni estetiche di quelle sostenute dai media, che il suo viso fosse ormai distrutto, credo, stia nel convincente argomento che le sperimentazioni di Jackson sul suo volto, fossero dovute all’uso del trucco e non alla chirurgia estetica. Attraverso l’uso di un trucco inconsueto e il travestimento, gli piaceva mascherare il suo aspetto in modo che nessuno potesse riconoscerlo.
Anche se Jackson era preoccupato per il suo aspetto – che è sufficientemente documentato – questa non è tutta la storia. Sembra ormai altrettanto chiaro che fosse una risposta complessa al continuo monitoraggio e giudizio, una reazione, che ha coinvolto non solo una instabilità emotiva, ma anche una giocosità e riflette una “strana” provocazione, nel senso più profondo e politico. Non spetta a me (o ad altri) giudicare se il rapporto tra Jackson e la chirurgia estetica o la cosmesi fosse normale o un bene per lui – qualunque cosa possano significare queste parole. Il fatto è che è molto più complicato, molto più umano, e un giocoso Jackson è stato sempre lì, davanti ai nostri occhi.
Knopper butta giù due brevi frasi descrivendo l’altro Jackson, solo a dieci pagine dalla fine del libro. Egli dice: “Michael ha trascorso gran parte della sua vita a cercare di superare le barriere tra razza, sesso, e la musica. Compreso le barriere psicologiche”. Questo è tutto. La breve nota non compensa di certo l’enfatica ripetizione circa le voci sulla chirurgia plastica, o ciò che poco più avanti nella stessa pagina, viene chiamato da Knopper “la più accurata rassegna postuma di interventi chirurgici facciali di Michael” – un resoconto fatto non sulla base del rapporto di autopsia, ma dalla rivista Allure.
Visto il metodo (si fa per dire), non è sorprendente che qui, Jackson ancora una volta sia descritto come un mostro – un diverso, vilipeso continuamente, una vittima emotivamente impotente, o un megalomane paranoico, superficiale, incapace, e possibilmente un criminale. In nessuna parte del libro, Jackson emerge come versatile, enigmatico, come in realtà era, e come ogni essere umano.
E raramente Jackson è raffigurato come serio, un vero artista. Come altri biografi “definitivi” prima di lui, Knopper mostra un interesse entusiasta per i pettegolezzi della stampa, i ricordi un po’ coloriti, ma in gran parte non riesce a fare considerazioni attente sulla visione artistica di Jackson. È come se non avesse fatto parte della vita dell’artista, ed è semplicemente irrilevante. Non si legge niente di nuovo, qui sulla musica di Jackson, la danza e i film, il suo talento per gli spettacoli teatrali e il marketing, il progetto di Neverland Valley o il personaggio pubblico. Come i suoi predecessori, Knopper trascura anche la filantropia di Jackson, non riuscendo a cogliere o commentare il significato della sua espressione, la motivazione, e la portata, su come ha creato la musica, e reso Jackson l’uomo e l’artista che di fatto era. [7]
I titoli delle canzoni e le innovative coreografie sono citate, ma la musica è quasi mai considerata come il cantante, la danza o come il ballerino. Knopper aggiunge una noiosa e particolareggiata descrizione della performance di “Billie Jean” di Jackson al Motown 25, come se un lettore non avesse mai avuto la possibilità di vederlo, ma nessuna analisi è affrontata. “Remember the Time” è incomprensibilmente sintetizzato con la frase “sensualità in maglietta bianca,” anche se non c’è nessuna maglietta bianca nel cortometraggio di John Singleton. (Forse Knopper aveva in mente l’immagine di “In the Closet”, utilizzata per la copertina del singolo raramente visto di “Remember the Time”. Non ne ho la minima idea. Non so darmi altra spiegazione.
“Best of Joy” (che io adoro) e “Way You Love Me” sono velocemente classificate come ‘ballate sdolcinate’, “Black or White” si riduce a ‘dissoluta follia.’ In una pagina, sono rapidamente definite due opere miliari ‘Beat It’ e ‘Bad’ – “sentimentali” – e “Smooth Criminal” è ironicamente descritto come se si svolgesse “nel mondo dei cartoni animati in cui le persone non camminano, ma fanno il Moonwalk, e invece di scendere le scale, scivolano su di esse. “Say Goodbye”, un famoso successo dei Jackson 5, che è stato cantato da decine di artisti, si riduce a qualcosa di ‘oscuro’ tirato fuori dalla tenuta per il “Michael Jackson One”, spettacolo del 2011. [8]
La critica si riduce a due e tre parole come queste per recensire musica e film. Tra le poche opere che sono prese più in considerazione: Dangerous e la tanto discussa Panther Dance di “Black or White”. In entrambe i casi, però, come in altre parti, Knopper tratta questi capolavori, citando il lavoro di grandi studiosi. (Susan Fast per Dangerous e Elizabeth Chin per “Black or White”). Recensioni eccezionalmente profonde, ma non sono sue.
Il titolo del libro di Knopper, potrebbe far pensare a un testo che sviluppa tematiche profonde: spiegare ed elevare “il genio di Michael Jackson”. Ma nonostante l’uso apparentemente audace della parola con la “G”, Knopper non spiega cosa significa, infatti, non usa quasi mai la parola “genio”. Di conseguenza, la parola chiave nel titolo è forviante e non aggiunge niente.
Knopper utilizza il senso di familiarità del mondo di Jackson a negargli una rispettosa distanza. Si riferisce al genio sempre con il suo primo nome, per esempio, in un gesto di falsa intimità che rivela il progetto celato nel disprezzo. [9] Naturalmente, Knopper non dice mai in modo esplicito che egli considera Jackson una persona superficiale o insignificante. Ma il modo in cui si avvicina al suo lavoro è eloquente – il tono è arrogante, la ricerca è superficiale, come il modo dell’auto-glorificazione nei commenti, [10] e la stanchezza con cui la storia viene raccontata verso la fine. Knopper finisce il libro, forse in modo opportuno, con una lunga morale e in gran parte una forte citazione da qualche altro “studio”, che è perfettamente adeguata (dove, ironia della sorte, la parola “genio” finalmente riappare). A quanto pare, fare un lavoro di ricerca è inutile per capire chi era e cosa ha fatto Jackson.
Dove avrebbe potuto esprimere un motivato pensiero critico, Knopper utilizza invece ostilità e giudizi morali. Spesso l’ostilità assume forme personali improprie. Gli sforzi necessari di Jackson per alleviare un dolore invalidante, Knopper li chiama “capricci”. Le voci circa la famiglia Jackson e i figli di Michael ritornano in un tono altero: “I membri della famiglia Jackson sono forse le uniche persone al mondo che sostengono che i tre bambini di Michael sono identici a lui,” dice Knopper senza cuore (e erroneamente). Per manifestare il suo sdegno sulla copertura scandalosa dei tabloid sui bambini, Knopper esamina le loro storie, riportando in auge alcune di esse così ridicole che erano già morte e sepolte.
A volte la disapprovazione moralistica di Knopper si ritorce contro di lui, altre volte è così meschino che è divertente. Knopper, ad esempio, per criticare le scelte creative di Jackson per HIStory del 1995, spiega che l’ambizione di Jackson di “creare suoni che l’orecchio umano non avesse mai sentito prima” non era un traguardo artistico, ma semplicemente “arroganza”. Ha criticato più volte Jackson per avere l’abitudine di fare chiamate senza buonsenso, come a Rupert Wainwright, per averlo chiamato ‘alle 23:45 di domenica’. Knopper ritiene questa cosa ineccepibile.
Questo genere di cose si possono leggere un po’ ovunque. Knopper scuote la testa su un giornaliero speso da Jackson con FedEx, ingegnere del suono durante le sessioni di registrazione, e osserva con disapprovazione che “il lavoro di quattro giorni consecutivi” corrisponde esattamente alla produzione “di dieci secondi del album”, inoltre denigra l’uso di Jackson di nuovi “strani” effetti. Ha avuto da ridire sul fatto che gli ingegneri hanno campionato per ‘Childhood’ “una serie di carillon e registrato suoni di porte che si aprono e chiudono”. A quanto pare questo è bizzarro. Ma c’è di meglio, perché questi effetti sonori sono stati utilizzati, invece, per “Little Susie.” Come si vede, le polemiche di Knopper sono costruite su una base priva di fondamento per un suo errore materiale. [11]
Queste continue opinioni di disapprovazione aumentano con il proseguire la lettura di MJ. Il tono di Knopper diventa sempre più incalzante. Knopper, mescola una presunzione di superiorità morale, con una tendenza verso opinioni veloci e riduttive, sciorinando sempre più, un repertorio di pettegolezzi salaci che, più e più volte, rivelano il suo approccio presuntuoso verso il soggetto in questione – e ai suoi lettori.
Tale tono sarebbe scioccante in una qualsiasi biografia “definitiva” di un altro grande artista. Provate ad immaginare, ad esempio, come sarebbe per David Bowie, recentemente scomparso, la cui sensibilità in certi modi era simile a Jackson. Ma nel caso di Jackson, il disprezzo è l’impostazione predefinita, e Knopper non ritiene significatamene differente. Egli suggerisce di rado che ci potrebbe essere una causa diversa di interpretazione, o chiede al lettore di abbracciare modi apparentemente contradditori. Sull’opportunità di una analisi complessa, la possibilità di riconoscere un caotico quadro dettagliato o di procedere con una certa sensibilità – è del tutto omessa. Invece, Knopper, come i suoi predecessori, si sforza, nel tentativo di dare l’impressione di fare un’attenta analisi. Sembra pensare che impressionare i lettori con informazioni tradizionali, ammucchiate su pagine e note, menzionare casualmente nomi importanti, e allegare un indice che nasconde più di quanto rivela (non v’è alcuna voce per “Jackson, Michael”) alla fine sia una competenza biografica. Knopper fallisce in generale, e non riesce a pensare con la sua testa o di immaginare i lettori autocritici.
Consideriamo, ad esempio, il processo del 2005 come le azioni legali in corso anche dopo la morte di Jackson nel 2009 e i tentativi di ottenere i soldi. Ci si aspetterebbe che Knopper avesse risposto in modo brillante, o almeno avesse verificato e rivisto queste informazioni su tali argomenti, dopo tutti gli anni che sono passati. Ma in realtà, egli non offre nulla che non si trovi già in Sullivan, Taraborrelli, o Halperin [12], ma allo stesso tempo raramente riconosce la sua colpa con questi autori precedenti (i loro libri sono citati, ma non spesso). Non dice mai che le continue controversie legali – tra cui la causa senza successo di Katherine Jackson contro l’AEG, che ella prevede di ricorrere in appello – ha fermato l’attività della fondazione di beneficenza di Jackson e il suo lavoro. Ma il lato umanitario di Jackson, come la sua arte e la sua eredità per il mondo, non è di grande interesse per Knopper. Impone il titolo alla storia, ma non dà nessuna informazione sull’artista o l’arte.
La mancanza di una corretta interpretazione, qui, può essere in parte dovuta a una scarsa curiosità. Durante la lettura, avrei voluto chiedere più volte a Knopper “perché?” Prendiamo in considerazione il resoconto di MJ, durante le prove, quando il gruppo di This Is It ha saputo della morte di Jackson. Secondo Knopper (e molti altri prima di lui), tutti sono scoppiati a piangere, svenuti, si sono abbracciati dal dolore e per lo shock. Poi Knopper dice (citando Stacy Walker) che il coreografo Travis Payne “è andato a una scrivania vicino al palco e ha iniziato a digitare distrattamente sul suo computer portatile.” Cosa? Knopper sembra buttare lì “distrattamente”, in modo che il dettaglio attiri l’attenzione.
Payne, come gli altri in quel momento, aveva appena saputo della morte improvvisa di Jackson, e come lui, tutti erano scioccati. Kenny Ortega, secondo il racconto di Knopper, è svenuto tra le braccia di Payne, e Payne “lo ha trascinato e posto a sedere vicino al palco,” e anch’esso era completamente sconvolto. Non è strano che in tale circostanza Payne avrebbe potuto iniziare a “digitare sul suo portatile?” Non si è chiesto il “Perché?”, ha preferito ordire tale macchinazione. In fondo si tratta di ripensare a ciò che è stato detto. Ma, Knopper non lo fa mai.
La narrazione meccanica costruita è anche, secondo me, il risultato istintivo di Knopper per difendersi. Knopper predilige raccontare le polemiche su Jackson, ma non ha nessun interesse di rivedere le prove e giungere a conclusioni documentate, cercando di assicurare una forma di giustizia. Nel caso delle accuse del 2005, per esempio, che sono sfociate in un processo e che ora si è rivelato essere un tentativo di estorsione, Knopper suggerisce:
Michael Jackson era un pedofilo? Tutte le prove dimostrano di no – anche se dorme nel letto con i bambini e alla televisione nazionale con orgoglio ha proclamato la presunta innocenza con un celebre discorso alla Hall of Fame. Quest’uomo ha avuto un processo equo. I critici più famosi di Michael Jackson, ad eccezione di Diane Dimond, stilano una conclusione simile, come Ian Halperin in Michael Jackson Unmasked: “Non riuscivo a trovare nessun documento che dimostrasse che Jackson avesse molestato un bambino. Anzi, al contrario. Ho trovato prove significative che dimostrano, che la maggior parte, se non tutti, i suoi accusatori mancavano di una qualsiasi credibilità “. Tuttavia, altre prove potrebbero essere trovate. [13]
Invece di fare un’analisi responsabile, Knopper ricorre di nuovo al suo caratteristico – tono sprezzante, passivo-aggressivo, omettendo spiegazioni e facili giudizi. Lascia Halperin, i discorsi reali (come lui inspiegabilmente, Diane Dimond è tra i cronisti “seri” del caso [14]). Poi va subito ai ripari. Forse un veloce retro front è la strategia più sicura per chi si avventura nel campo minato del contenzioso, che è diventata la vita di Jackson, ma non è un approccio molto responsabile se si sta lavorando ad una nuova biografia “definitiva”.
In tutto questo, è difficile immaginare quale scopo avessero le oltre 430 pagine di MJ – naturalmente, sono finalizzate in modo che un altro maschio dei media bianchi nella commercializzazione di edizioni musicali, si crogioli nella fama di una opera artistica, sentendosi libero di denigrare senza cercare di capire. Non è esagerato dire, che MJ, come le altre biografie “definitive” su Jackson prima di questa, ripete un modello di sfruttamento che fa rizzare i capelli, di fatto, continua a danneggiare il suo soggetto e alla fine lo uccide.
Sulla biografia “definitiva” come genere e la sua idoneità per Michael Jackson in particolare, ci sarebbe altro da dire. Ma qui dobbiamo fare una pausa e notare che, anche se Knopper non lo sa, MJ si pone accanto a una quantità di generi molto diversi di lavori. Lavori interpretativi sono apparsi per qualche tempo in molti formati e generi – informazioni e studi scientifici in formato elettronico, lunghi studi, articoli di ricerca, memorie, post sui blog, e così via – di cui i più profondi contribuiscono a una rivalutazione complessiva dei successi di Jackson alla cultura mondiale. Questa rottura con la tradizione ci fornisce un più versatile Michael Jackson, un artista e un essere umano piuttosto che una caricatura. Knopper avrebbe dovuto sapere di questo materiale e la necessità di istruirsi. Stranamente, però, lavora come se Internet non esistesse, e cita solo poche autorevoli voci alternative. [15]
Uno sviluppo parallelo è disponibile in opere biografiche alternative anche. In questo volume, lo stile di Knopper è contrastato con opere che non hanno la pretesa di proclamarsi “definitive”, ma in confronto sono modeste produzioni (e spesso poco commercializzate). Tra le varie opere pubblicate, possiamo prendere in considerazione: l’empatico saggio introduttivo di Todd Gray su Michael Jackson Before He was King (2009), una raccolta di fotografie scattate da Gray. (Da giovane, Gray ha fotografato i fratelli Jackson, ed è diventato amico di Michael.) Nelson George con Thriller: The Musical Life of Michael Jackson (2010), un solido pezzo di critica musicale e al tempo stesso anche un rapporto letterario sulla storia di George come un critico esperto della musica di Jackson e di storia culturale.
George, sembra scegliere un ottimo approccio secondo me. “Non ho parlato […] su ogni singolo aspetto della vita di Michael, di cui non sapevo nulla,” spiega in modo onesto, “questo non è una biografia.” E poi c’è Bill Whitfield e Javon Beard con Remember the Time (2014), un resoconto diretto di due guardie del corpo di Jackson, che nel corso degli anni hanno lavorato per lui. Consiglio anche My Friend Michael: An Ordinary Friendship with an Extraordinary Man (2011), un libro affascinate senza pretese (anche se di tanto in tanto mira al proprio tornaconto) di un vecchio amico di Jackson e collaboratore Frank Cascio.
In queste opere, che tutti insieme delucidano l’età adolescenziale e adulta di Jackson, gli autori hanno cercato di raccontare l’esperienza di prima mano di alcuni tratti, piuttosto che affrontare l’intera totalità, e il risultato sarà sorprendente per i lettori che sono abituati a Knopper e simili. Jackson non è di certo la caricatura alternativamente mostruoso o pietoso che loro volevano far credere. Anche se ogni lavoro copre un solo aspetto di Jackson oppure un periodo di tempo limitato, nell’insieme risultano molto più autentici rispetto ai lavori mainstream. Questi autori riconoscono che le immagini che ci offrono sono solo parziali, danno quello che possono fornire con integrità, e lasciano le cose come stanno. I lettori sono tenuti a pensare con la propria testa e mettere i molti pezzi insieme, da punti diversi.
L’esperienza di leggere queste opere alternative di cui ho descritto è un po’ come imparare a conoscere qualcuno – che avviene attraverso piccoli gesti importanti, le reazioni emotive e considerazioni, il tono della voce, i silenzi, il carattere. Si tratta di un approccio completamente diverso rispetto alle “definitive” biografie con le infinite ripetizioni di bugie e l’eccesso di negativi e immeritati giudizi. Nessuna di queste opere alternative è perfetta, ma ognuna di loro è di gran lunga migliore di Taraborrelli, Sullivan, o Knopper.
C’è un corpo di tali fonti – lavori con valutazioni prudenti, dato il rispetto e una vera documentazione delle accuse fatte. In forma elettronica, sul Twitter feed gestito dalla truccatrice di vecchia data di Jackson, Karen Faye, mostra rispetto, moderazione e fornisce letture coinvolgenti.
Quando un fan ha chiesto “Quando MJ ha iniziato l’estensione dei capelli?” Faye risponde pungentemente, “Questa è una cosa che non deve interessare te come chiunque altro.” Lei ha deciso di porre l’attenzione sui dettagli e informare su idee sbagliate che ritiene importanti, e lei è sempre rispettosa verso Jackson e la grande comunità di fan in lutto, nei quotidiani contatti per avere informazioni affidabili. Un altro esempio sono gli spunti di riflessione del procuratore Thomas Mesereau sulla sua esperienza in difesa di Jackson nel 2004-2005. Mesereau, non ha pubblicato nessun libro di memorie, ma parla regolarmente della sua esperienza, senza sbilanciarsi, come gli altri che ho citato prima. Egli non pretende di comprendere appieno Jackson, e non ha paura di esprime un parere o dare una sua interpretazione. Le opere rilasciate da Grey, George Whitfield e Beard, Cascio, e la condivisione sul Twitter feed di Faye e i commenti pubblici di Mesereau, si basano su metodi completamente diversi dall’approccio di “fare terra bruciata”, o il so tutto io, che sono le caratteristiche delle biografie come quella di Knopper. I loro resoconti limitati, ma sinceri non tentano l’impossibile, e quindi offrono molto.
Attraverso opere come queste – non predeterminate o semplificate, non enciclopediche, che non hanno la pretesa di conoscere l’unica verità – si scopre che Jackson era molto di più della capacità di comprendere di Knopper. Per prima cosa, emerge un uomo molto spirituale. La sua profonda spiritualità ha plasmato il suo operato, che lo ha portato ad essere un attivo difensore dei senza voce, specialmente i bambini e per l’ambiente. Ha dedicato la sua attenzione anche ai valori umanisti-liberali e idee culturali di speranza (la solidarietà, l’innato ottimismo, le ricompense vanno automaticamente di pari passo con la correttezza e il duro lavoro). Purtroppo, la fiducia di Jackson per le sue idee di solidarietà ha ricevuto duri colpi e ha subito forti critiche in oltre 50 anni, ma ha portato avanti instancabilmente le sue idee fino alla fine, come umanista e credente. Uno non deve necessariamente condividere in pieno la sua fede e i valori su cui ha basato tutta la sua vita e di seguire il suo stile di vita. Knopper non fornisce alcuna impressione della forte personalità che si rivela nei rapporti meno pretenziosi.
Nelle opere alternative che ho citato, emerge anche un ampio accordo su un aspetto importante che Knopper avrebbe fatto bene a prendere in considerazione: il fatto che Jackson era un artista di enorme originalità, immensa abilità, e l’influenza guadagnata merita di essere trattata con l’attenzione e il rispetto che di solito è riservato ai grandi artisti, che è, con la ferma focalizzazione della performance artistica, sulla base della rispettiva vita. La vita di Jackson non può essere separata dalla sua arte, e viceversa. È indivisibile. L’ambizione di Jackson, il suo anticonformismo polivalente, il suo stile insolito, la fantasia esuberante, le sue debolezze, le ossessioni e i desideri, la sua allegra vitalità, l’ambivalenza e la misteriosità, la sua generosità, l’idealismo, la curiosità, la reticenza, la compassione, la paura, la fede religiosa, l’ottimismo, la diffidenza, lo stupore, l’isolamento – niente di tutto questo può essere compreso senza la sua opera, e tutto questo è parte di esso.
Questa visione è in contrasto con le idee di partenza di Knopper. Infatti, Knopper segue esattamente il modello della suddivisione, che Tanner Colby ha criticato nel 2014:
Abbiamo messo “Billie Jean” e “Thriller” in una scatola e la sua vita personale in un’altra scatola e facciamo del nostro meglio per non starci a pensare troppo. […] Ma si deve scavare nell’essere umano, sotto i miti e le la disinformazione, che è stata costruita nel corso dei decenni. [16]
Knopper tenta di andare in profondità. Il risultato è la stessa vecchia biografia che trascura l’arte, il pubblico è ferito, e umilia l’artista.
Knopper mantiene sempre un tono altero verso Jackson. Prendiamo, ad esempio la risposta di Knopper ad una scena in cui Will Vinton avrebbe visitato la casa di Jackson. “Vinton non poté fare a meno di notare le immagini di bambini […] che erano allineate sulla parete della sua camera da letto,” ci informa Knopper maliziosamente.
“Sai, Michael, un sacco di gente non capirebbe questo”, ha detto [Vinton]. Ma Michael è rimasto impassibile: “Amo i bambini. Credo che i bambini siano qualcosa di meraviglioso, e mi fanno felice.” Vinton non replicò. Egli credeva all’idea che Michael fosse un eremita eccentrico con l’innocente idea di vedere i bambini come una sorta zattera per la vita per navigare il mondo. È stato facile concedere a Michael la fiducia ora.