Recensione di Tony Bowers del libro “MJ: The Genius Of Michael Jackson”


– È il momento di qualcosa di diverso –

Risultati immagini per MJ: The Genius Of Michael Jackson"

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“Chi ha il diritto di giudicare le indicibili sofferenze pagate per la propria vita?”
James Baldwin
“Cerco di legare la mia anima al mio lavoro”
Michael Jackson
C’era bisogno di una nuova biografia su Michael Jackson? Che cosa può sperare di aggiungere, dopo tutto quello che è stato già detto sull’interessante biografia di Jackson, che vale la pena di essere pubblicato o letto? Steve Knopper offre l’ennesima biografia “definitiva” di Jackson (come dice sul retro del libro). MJ: The Genius of Michael Jackson di Knopper segue i predecessori fino nel lontano 1980, e contribuisce ben poco all’interpretazione di una storia già familiare. Come i modelli di Randall Sullivan e J. Randy Taraborrelli, [1] anche Knopper si avvicina al “giornalismo” da tabloid e ai pettegolezzi TV, e allo stesso tempo fa un grande sforzo di ricerca. (Note, annotazioni finali e un indice!) Egli sembra abbastanza riluttante ad analizzare criticamente sia il suo materiale e le proprie intenzioni. MJ non solo riporta gli stessi eventi e le storie di Sullivan e Taraborrelli, ma spesso cita le stesse fonti e sono scritte in un tono simile.
Sul risvolto di copertina, Knopper si descrive come l’autore di un libro che mostra i cambiamenti nel settore della musica, [2] i diversi articoli della stampa commerciale, e di essere riconosciuto come “redattore di Rolling Stone.” Chiunque abbia familiarità con Untouchable di Sullivan del 2012, probabilmente farà una breve pausa. Sì, perché, Knopper è il secondo biografo di Jackson in soli tre anni, che esce dalla redazione di Rolling Stone, una rivista, il cui storico abbandono della musica nera è da tempo noto e le sue decennali ostilità verso Jackson, in particolare, hanno iniziato ad essere denunciate. [3] Data la sovrapposizione, e il fatto che il libro di Knopper non è molto diverso da quello di Sullivan (quando è diverso, tende a offrire meno, non di più), è difficile discernere ciò che si intendeva con la pubblicazione di questo libro.
Uno dei problemi di Knopper è che i precedenti biografi hanno già scritto la maggior parte di ciò che egli pensa sia degno di nota. Sono stati intervistati tutti i possibili colleghi/amici di Jackson, e in pochi, ovviamente, sono stati disposti a rispondere ancora una volta alle stesse domande di Knopper. Ma una biografia “definitiva” ha bisogno di tali dichiarazioni. Per il genere di libro che intendeva scrivere Knopper, è importante notare, che non un solo membro della famiglia di Jackson gli ha concesso un’intervista. Nemmeno il primo genito di Jackson, ormai adulto. Lisa Marie Presley, come Knopper deve ammettere “ha rifiutato di rispondere alle domande su Michael Jackson”. Deborah Rowe non ha voluto parlare con lui, la stessa cosa Quincy Jones. [4]
Così, che cosa fa Knopper? Copia i testi delle interviste che queste persone hanno rilasciato ad altri. La maggior parte del materiale di Knopper è già scritto nero su bianco. Non c’è niente di nuovo dal materiale passato in rassegna. Ripete un repertorio di aneddoti familiari nel linguaggio comune, utilizzando lo stesso tono dispregiativo e lo stesso modello di pensiero spietato, come è stato fatto nel passato dai critici di Jackson nella stampa commerciale. Egli ha raccolto insieme, tutto ciò che qualcuno ha concesso di essere riportato come una citazione da qualche parte, e ne ha fatto un calderone, senza esprimere un parere critico circa l’affidabilità (o meno) di queste informazioni. Lo stesso vale per ciascuna affermazione. [5] Io credevo, che il compito di una biografia “definitiva” fosse quello di mettere in chiaro e fare precisione sul sentito dire e fare una attenta analisi, piuttosto che concentrarsi sulle frivolezze. Ma qui non è stato fatto neanche un tentativo. Niente!
Perché, Knopper si è preoccupato di ripetere a pappagallo le storie generalmente accettate, e non ha rivelato ciò che è veramente importante: l’intelligenza, il coraggio, il talento, e la perseveranza di una star bambino sfruttato per spianare la strada, passando dalle restrizioni e le umiliazioni dei chitlin circuit al riconoscimento e una posizione dominante di mercato in tutto il mondo; profondamente legato alla tradizione, eppure del tutto originale, nella sua visione artistica; gli evidenti obiettivi; l’instancabile volontà di cercare di migliorarsi, sempre.
In fondo, questa incredibile danza, non è forse la perfezione raggiunta da sé. Jackson ha profuso, un proprio personale sforzo. Ha “scritto e composto” o collaborato a molte delle sue canzoni (come ha detto) –  a partire dall’album Bad – ne ha curato la produzione e la commercializzazione, e ha creato gli ineguagliabili concerti e cortometraggi. Certo, non ha fatto tutto da solo, durante questo processo, ma era un lavoro frutto della sua creatività e l’instancabile volontà. Jackson era solito dire, quando gli è stato chiesto, che le sue idee erano opera di Dio, e lui era solo il “mezzo”. Ma non avrebbe trasmesso la sua arte senza la costante dedizione, l’autodisciplina, e il lavoro.  Un incredibile lavoro. “Ho sempre voglia di lavorare anche per tutta la notte,” Jackson ha detto all’inizio della sua carriera, “lavoro fino allo sfinimento.”
Ignorare questo lavoro è, come denigrare Jackson a semplice genio “naturale”, dimenticando che aveva sviluppato una proficua carriera, prima ancora di iniziare la carriera solista all’età di ventun anni. I successi di Jackson, come risultati di un inevitabile “talento”, sono trattati con poca consapevolezza artistica, questo vuole dire rifiutare un conseguimento magistralmente raggiunto con una forma di attenzione e ottenuto con grande sforzo e fatica. Knopper lo fa sembrare troppo facile, troppo innato. E questo trucchetto è una strategia di superiorità ormai radicata nel tempo. Non ricordate che gli africani sono atleti “naturalmente dotati” e le donne, ma non gli uomini, sono genitori “istintivi”? Gli stessi modelli di pensiero.
Detto questo, è facile per Knopper porsi come persona superiore rispetto al suo bersaglio. Dubita di Jackson continuamente e scredita le sue decisioni personali, che Knopper trova sconcertanti. Perché non ha riconosciuto, invece, il pieno impatto del “genio di Michael Jackson,” Knopper lo ignora, nel senso che in realtà avrebbe potuto riconsiderare le azioni di Jackson, o le ragioni per le sue decisioni, anche personali, almeno in parte, nell’arte avrebbe potuto prenderle in esame.
Consideriamo, per esempio, la questione degli interventi estetici di Jackson, che hanno fatto sempre molto scalpore. Negli ultimi anni è stato sostenuto che Jackson avesse trasformato il suo volto in una opera d’arte sfidando le ideologiche e ridefinendo come guardare ad essa. [6] La prova che avesse fatto meno operazioni estetiche di quelle sostenute dai media, che il suo viso fosse ormai distrutto, credo, stia nel convincente argomento che le sperimentazioni di Jackson sul suo volto, fossero dovute all’uso del trucco e non alla chirurgia estetica.  Attraverso l’uso di un trucco inconsueto e il travestimento, gli piaceva mascherare il suo aspetto in modo che nessuno potesse riconoscerlo.
Anche se Jackson era preoccupato per il suo aspetto – che è sufficientemente documentato – questa non è tutta la storia. Sembra ormai altrettanto chiaro che fosse una risposta complessa al continuo monitoraggio e giudizio, una reazione, che ha coinvolto non solo una instabilità emotiva, ma anche una giocosità e riflette una “strana” provocazione, nel senso più profondo e politico. Non spetta a me (o ad altri) giudicare se il rapporto tra Jackson e la chirurgia estetica o la cosmesi fosse normale o un bene per lui – qualunque cosa possano significare queste parole. Il fatto è che è molto più complicato, molto più umano, e un giocoso Jackson è stato sempre lì, davanti ai nostri occhi.
Knopper butta giù due brevi frasi descrivendo l’altro Jackson, solo a dieci pagine dalla fine del libro. Egli dice: “Michael ha trascorso gran parte della sua vita a cercare di superare le barriere tra razza, sesso, e la musica. Compreso le barriere psicologiche”. Questo è tutto. La breve nota non compensa di certo l’enfatica ripetizione circa le voci sulla chirurgia plastica, o ciò che poco più avanti nella stessa pagina, viene chiamato da Knopper “la più accurata rassegna postuma di interventi chirurgici facciali di Michael” – un resoconto fatto non sulla base del rapporto di autopsia, ma dalla rivista Allure.
Visto il metodo (si fa per dire), non è sorprendente che qui, Jackson ancora una volta sia descritto come un mostro – un diverso, vilipeso continuamente, una vittima emotivamente impotente, o un megalomane paranoico, superficiale, incapace, e possibilmente un criminale. In nessuna parte del libro, Jackson emerge come versatile, enigmatico, come in realtà era, e come ogni essere umano.
E raramente Jackson è raffigurato come serio, un vero artista. Come altri biografi “definitivi” prima di lui, Knopper mostra un interesse entusiasta per i pettegolezzi della stampa, i ricordi un po’ coloriti, ma in gran parte non riesce a fare considerazioni attente sulla visione artistica di Jackson. È come se non avesse fatto parte della vita dell’artista, ed è semplicemente irrilevante. Non si legge niente di nuovo, qui sulla musica di Jackson, la danza e i film, il suo talento per gli spettacoli teatrali e il marketing, il progetto di Neverland Valley o il personaggio pubblico. Come i suoi predecessori, Knopper trascura anche la filantropia di Jackson, non riuscendo a cogliere o commentare il significato della sua espressione, la motivazione, e la portata, su come ha creato la musica, e reso Jackson l’uomo e l’artista che di fatto era. [7]
I titoli delle canzoni e le innovative coreografie sono citate, ma la musica è quasi mai considerata come il cantante, la danza o come il ballerino. Knopper aggiunge una noiosa e particolareggiata descrizione della performance di “Billie Jean” di Jackson al Motown 25, come se un lettore non avesse mai avuto la possibilità di vederlo, ma nessuna analisi è affrontata. “Remember the Time” è incomprensibilmente sintetizzato con la frase “sensualità in maglietta bianca,” anche se non c’è nessuna maglietta bianca nel cortometraggio di John Singleton. (Forse Knopper aveva in mente l’immagine di “In the Closet”, utilizzata per la copertina del singolo raramente visto di “Remember the Time”. Non ne ho la minima idea. Non so darmi altra spiegazione.
“Best of Joy” (che io adoro) e “Way You Love Me” sono velocemente classificate come ‘ballate sdolcinate’, “Black or White” si riduce a ‘dissoluta follia.’ In una pagina, sono rapidamente definite due opere miliari ‘Beat It’ e ‘Bad’ – “sentimentali” – e “Smooth Criminal” è ironicamente descritto come se si svolgesse “nel mondo dei cartoni animati in cui le persone non camminano, ma fanno il Moonwalk, e invece di scendere le scale, scivolano su di esse. “Say Goodbye”, un famoso successo dei Jackson 5, che è stato cantato da decine di artisti, si riduce a qualcosa di ‘oscuro’ tirato fuori dalla tenuta per il “Michael Jackson One”, spettacolo del 2011. [8]
La critica si riduce a due e tre parole come queste per recensire musica e film. Tra le poche opere che sono prese più in considerazione: Dangerous e la tanto discussa Panther Dance di “Black or White”. In entrambe i casi, però, come in altre parti, Knopper tratta questi capolavori, citando il lavoro di grandi studiosi. (Susan Fast per Dangerous e Elizabeth Chin per “Black or White”). Recensioni eccezionalmente profonde, ma non sono sue.
Il titolo del libro di Knopper, potrebbe far pensare a un testo che sviluppa tematiche profonde: spiegare ed elevare “il genio di Michael Jackson”. Ma nonostante l’uso apparentemente audace della parola con la “G”, Knopper non spiega cosa significa, infatti, non usa quasi mai la parola “genio”. Di conseguenza, la parola chiave nel titolo è forviante e non aggiunge niente.
Knopper utilizza il senso di familiarità del mondo di Jackson a negargli una rispettosa distanza. Si riferisce al genio sempre con il suo primo nome, per esempio, in un gesto di falsa intimità che rivela il progetto celato nel disprezzo. [9] Naturalmente, Knopper non dice mai in modo esplicito che egli considera Jackson una persona superficiale o insignificante. Ma il modo in cui si avvicina al suo lavoro è eloquente – il tono è arrogante, la ricerca è superficiale, come il modo dell’auto-glorificazione nei commenti, [10] e la stanchezza con cui la storia viene raccontata verso la fine. Knopper finisce il libro, forse in modo opportuno, con una lunga morale e in gran parte una forte citazione da qualche altro “studio”, che è perfettamente adeguata (dove, ironia della sorte, la parola “genio” finalmente riappare). A quanto pare, fare un lavoro di ricerca è inutile per capire chi era e cosa ha fatto Jackson.
Dove avrebbe potuto esprimere un motivato pensiero critico, Knopper utilizza invece ostilità e giudizi morali. Spesso l’ostilità assume forme personali improprie. Gli sforzi necessari di Jackson per alleviare un dolore invalidante, Knopper li chiama “capricci”. Le voci circa la famiglia Jackson e i figli di Michael ritornano in un tono altero: “I membri della famiglia Jackson sono forse le uniche persone al mondo che sostengono che i tre bambini di Michael sono identici a lui,” dice Knopper senza cuore (e erroneamente). Per manifestare il suo sdegno sulla copertura scandalosa dei tabloid sui bambini, Knopper esamina le loro storie, riportando in auge alcune di esse così ridicole che erano già morte e sepolte.
A volte la disapprovazione moralistica di Knopper si ritorce contro di lui, altre volte è così meschino che è divertente. Knopper, ad esempio, per criticare le scelte creative di Jackson per HIStory del 1995, spiega che l’ambizione di Jackson di “creare suoni che l’orecchio umano non avesse mai sentito prima” non era un traguardo artistico, ma semplicemente “arroganza”. Ha criticato più volte Jackson per avere l’abitudine di fare chiamate senza buonsenso, come a Rupert Wainwright, per averlo chiamato ‘alle 23:45 di domenica’. Knopper ritiene questa cosa ineccepibile.
Questo genere di cose si possono leggere un po’ ovunque. Knopper scuote la testa su un giornaliero speso da Jackson con FedEx, ingegnere del suono durante le sessioni di registrazione, e osserva con disapprovazione che “il lavoro di quattro giorni consecutivi” corrisponde esattamente alla produzione “di dieci secondi del album”, inoltre denigra l’uso di Jackson di nuovi “strani” effetti. Ha avuto da ridire sul fatto che gli ingegneri hanno campionato per ‘Childhood’ “una serie di carillon e registrato suoni di porte che si aprono e chiudono”. A quanto pare questo è bizzarro. Ma c’è di meglio, perché questi effetti sonori sono stati utilizzati, invece, per “Little Susie.” Come si vede, le polemiche di Knopper sono costruite su una base priva di fondamento per un suo errore materiale. [11]
Queste continue opinioni di disapprovazione aumentano con il proseguire la lettura di MJ. Il tono di Knopper diventa sempre più incalzante. Knopper, mescola una presunzione di superiorità morale, con una tendenza verso opinioni veloci e riduttive, sciorinando sempre più, un repertorio di pettegolezzi salaci che, più e più volte, rivelano il suo approccio presuntuoso verso il soggetto in questione – e ai suoi lettori.
Tale tono sarebbe scioccante in una qualsiasi biografia “definitiva” di un altro grande artista. Provate ad immaginare, ad esempio, come sarebbe per David Bowie, recentemente scomparso, la cui sensibilità in certi modi era simile a Jackson. Ma nel caso di Jackson, il disprezzo è l’impostazione predefinita, e Knopper non ritiene significatamene differente. Egli suggerisce di rado che ci potrebbe essere una causa diversa di interpretazione, o chiede al lettore di abbracciare modi apparentemente contradditori. Sull’opportunità di una analisi complessa, la possibilità di riconoscere un caotico quadro dettagliato o di procedere con una certa sensibilità – è del tutto omessa. Invece, Knopper, come i suoi predecessori, si sforza, nel tentativo di dare l’impressione di fare un’attenta analisi. Sembra pensare che impressionare i lettori con informazioni tradizionali, ammucchiate su pagine e note, menzionare casualmente nomi importanti, e allegare un indice che nasconde più di quanto rivela (non v’è alcuna voce per “Jackson, Michael”) alla fine sia una competenza biografica. Knopper fallisce in generale, e non riesce a pensare con la sua testa o di immaginare i lettori autocritici.
Consideriamo, ad esempio, il processo del 2005 come le azioni legali in corso anche dopo la morte di Jackson nel 2009 e i tentativi di ottenere i soldi. Ci si aspetterebbe che Knopper avesse risposto in modo brillante, o almeno avesse verificato e rivisto queste informazioni su tali argomenti, dopo tutti gli anni che sono passati. Ma in realtà, egli non offre nulla che non si trovi già in Sullivan, Taraborrelli, o Halperin [12], ma allo stesso tempo raramente riconosce la sua colpa con questi autori precedenti (i loro libri sono citati, ma non spesso). Non dice mai che le continue controversie legali – tra cui la causa senza successo di Katherine Jackson contro l’AEG, che ella prevede di ricorrere in appello – ha fermato l’attività della fondazione di beneficenza di Jackson e il suo lavoro. Ma il lato umanitario di Jackson, come la sua arte e la sua eredità per il mondo, non è di grande interesse per Knopper. Impone il titolo alla storia, ma non dà nessuna informazione sull’artista o l’arte.
La mancanza di una corretta interpretazione, qui, può essere in parte dovuta a una scarsa curiosità. Durante la lettura, avrei voluto chiedere più volte a Knopper “perché?” Prendiamo in considerazione il resoconto di MJ, durante le prove, quando il gruppo di This Is It ha saputo della morte di Jackson. Secondo Knopper (e molti altri prima di lui), tutti sono scoppiati a piangere, svenuti, si sono abbracciati dal dolore e per lo shock. Poi Knopper dice (citando Stacy Walker) che il coreografo Travis Payne “è andato a una scrivania vicino al palco e ha iniziato a digitare distrattamente sul suo computer portatile.” Cosa? Knopper sembra buttare lì “distrattamente”, in modo che il dettaglio attiri l’attenzione.
Payne, come gli altri in quel momento, aveva appena saputo della morte improvvisa di Jackson, e come lui, tutti erano scioccati. Kenny Ortega, secondo il racconto di Knopper, è svenuto tra le braccia di Payne, e Payne “lo ha trascinato e posto a sedere vicino al palco,” e anch’esso era completamente sconvolto. Non è strano che in tale circostanza Payne avrebbe potuto iniziare a “digitare sul suo portatile?” Non si è chiesto il “Perché?”, ha preferito ordire tale macchinazione. In fondo si tratta di ripensare a ciò che è stato detto. Ma, Knopper non lo fa mai.
La narrazione meccanica costruita è anche, secondo me, il risultato istintivo di Knopper per difendersi. Knopper predilige raccontare le polemiche su Jackson, ma non ha nessun interesse di rivedere le prove e giungere a conclusioni documentate, cercando di assicurare una forma di giustizia. Nel caso delle accuse del 2005, per esempio, che sono sfociate in un processo e che ora si è rivelato essere un tentativo di estorsione, Knopper suggerisce:
Michael Jackson era un pedofilo? Tutte le prove dimostrano di no – anche se dorme nel letto con i bambini e alla televisione nazionale con orgoglio ha proclamato la presunta innocenza con un celebre discorso alla Hall of Fame. Quest’uomo ha avuto un processo equo. I critici più famosi di Michael Jackson, ad eccezione di Diane Dimond, stilano una conclusione simile, come Ian Halperin in Michael Jackson Unmasked: “Non riuscivo a trovare nessun documento che dimostrasse che Jackson avesse molestato un bambino. Anzi, al contrario. Ho trovato prove significative che dimostrano, che la maggior parte, se non tutti, i suoi accusatori mancavano di una qualsiasi credibilità “. Tuttavia, altre prove potrebbero essere trovate. [13]
Invece di fare un’analisi responsabile, Knopper ricorre di nuovo al suo caratteristico – tono sprezzante, passivo-aggressivo, omettendo spiegazioni e facili giudizi. Lascia Halperin, i discorsi reali (come lui inspiegabilmente, Diane Dimond è tra i cronisti “seri” del caso [14]). Poi va subito ai ripari. Forse un veloce retro front è la strategia più sicura per chi si avventura nel campo minato del contenzioso, che è diventata la vita di Jackson, ma non è un approccio molto responsabile se si sta lavorando ad una nuova biografia “definitiva”.
In tutto questo, è difficile immaginare quale scopo avessero le oltre 430 pagine di MJ – naturalmente, sono finalizzate in modo che un altro maschio dei media bianchi nella commercializzazione di edizioni musicali, si crogioli nella fama di una opera artistica, sentendosi libero di denigrare senza cercare di capire. Non è esagerato dire, che MJ, come le altre biografie “definitive” su Jackson prima di questa, ripete un modello di sfruttamento che fa rizzare i capelli, di fatto, continua a danneggiare il suo soggetto e alla fine lo uccide.
Sulla biografia “definitiva” come genere e la sua idoneità per Michael Jackson in particolare, ci sarebbe altro da dire. Ma qui dobbiamo fare una pausa e notare che, anche se Knopper non lo sa, MJ si pone accanto a una quantità di generi molto diversi di lavori. Lavori interpretativi sono apparsi per qualche tempo in molti formati e generi – informazioni e studi scientifici in formato elettronico, lunghi studi, articoli di ricerca, memorie, post sui blog, e così via – di cui i più profondi contribuiscono a una rivalutazione complessiva dei successi di Jackson alla cultura mondiale. Questa rottura con la tradizione ci fornisce un più versatile Michael Jackson, un artista e un essere umano piuttosto che una caricatura. Knopper avrebbe dovuto sapere di questo materiale e la necessità di istruirsi. Stranamente, però, lavora come se Internet non esistesse, e cita solo poche autorevoli voci alternative. [15]
Uno sviluppo parallelo è disponibile in opere biografiche alternative anche. In questo volume, lo stile di Knopper è contrastato con opere che non hanno la pretesa di proclamarsi “definitive”, ma in confronto sono modeste produzioni (e spesso poco commercializzate). Tra le varie opere pubblicate, possiamo prendere in considerazione: l’empatico saggio introduttivo di Todd Gray su Michael Jackson Before He was King (2009), una raccolta di fotografie scattate da Gray. (Da giovane, Gray ha fotografato i fratelli Jackson, ed è diventato amico di Michael.) Nelson George con Thriller: The Musical Life of Michael Jackson (2010), un solido pezzo di critica musicale e al tempo stesso anche un rapporto letterario sulla storia di George come un critico esperto della musica di Jackson e di storia culturale.
George, sembra scegliere un ottimo approccio secondo me. “Non ho parlato […] su ogni singolo aspetto della vita di Michael, di cui non sapevo nulla,” spiega in modo onesto, “questo non è una biografia.” E poi c’è Bill Whitfield e Javon Beard con Remember the Time (2014), un resoconto diretto di due guardie del corpo di Jackson, che nel corso degli anni hanno lavorato per lui. Consiglio anche My Friend Michael: An Ordinary Friendship with an Extraordinary Man (2011), un libro affascinate senza pretese (anche se di tanto in tanto mira al proprio tornaconto) di un vecchio amico di Jackson e collaboratore Frank Cascio.
In queste opere, che tutti insieme delucidano l’età adolescenziale e adulta di Jackson, gli autori hanno cercato di raccontare l’esperienza di prima mano di alcuni tratti, piuttosto che affrontare l’intera totalità, e il risultato sarà sorprendente per i lettori che sono abituati a Knopper e simili. Jackson non è di certo la caricatura alternativamente mostruoso o pietoso che loro volevano far credere. Anche se ogni lavoro copre un solo aspetto di Jackson oppure un periodo di tempo limitato, nell’insieme risultano molto più autentici rispetto ai lavori mainstream. Questi autori riconoscono che le immagini che ci offrono sono solo parziali, danno quello che possono fornire con integrità, e lasciano le cose come stanno. I lettori sono tenuti a pensare con la propria testa e mettere i molti pezzi insieme, da punti diversi.
L’esperienza di leggere queste opere alternative di cui ho descritto è un po’ come imparare a conoscere qualcuno – che avviene attraverso piccoli gesti importanti, le reazioni emotive e considerazioni, il tono della voce, i silenzi, il carattere. Si tratta di un approccio completamente diverso rispetto alle “definitive” biografie con le infinite ripetizioni di bugie e l’eccesso di negativi e immeritati giudizi. Nessuna di queste opere alternative è perfetta, ma ognuna di loro è di gran lunga migliore di Taraborrelli, Sullivan, o Knopper.
C’è un corpo di tali fonti – lavori con valutazioni prudenti, dato il rispetto e una vera documentazione delle accuse fatte. In forma elettronica, sul Twitter feed gestito dalla truccatrice di vecchia data di Jackson, Karen Faye, mostra rispetto, moderazione e fornisce letture coinvolgenti.
Quando un fan ha chiesto “Quando MJ ha iniziato l’estensione dei capelli?” Faye risponde pungentemente, “Questa è una cosa che non deve interessare te come chiunque altro.” Lei ha deciso di porre l’attenzione sui dettagli e informare su idee sbagliate che ritiene importanti, e lei è sempre rispettosa verso Jackson e la grande comunità di fan in lutto, nei quotidiani contatti per avere informazioni affidabili. Un altro esempio sono gli spunti di riflessione del procuratore Thomas Mesereau sulla sua esperienza in difesa di Jackson nel 2004-2005. Mesereau, non ha pubblicato nessun libro di memorie, ma parla regolarmente della sua esperienza, senza sbilanciarsi, come gli altri che ho citato prima. Egli non pretende di comprendere appieno Jackson, e non ha paura di esprime un parere o dare una sua interpretazione. Le opere rilasciate da Grey, George Whitfield e Beard, Cascio, e la condivisione sul Twitter feed di Faye e i commenti pubblici di Mesereau, si basano su metodi completamente diversi dall’approccio di “fare terra bruciata”, o il so tutto io, che sono le caratteristiche delle biografie come quella di Knopper. I loro resoconti limitati, ma sinceri non tentano l’impossibile, e quindi offrono molto.
Attraverso opere come queste – non predeterminate o semplificate, non enciclopediche, che non hanno la pretesa di conoscere l’unica verità – si scopre che Jackson era molto di più della capacità di comprendere di Knopper. Per prima cosa, emerge un uomo molto spirituale. La sua profonda spiritualità ha plasmato il suo operato, che lo ha portato ad essere un attivo difensore dei senza voce, specialmente i bambini e per l’ambiente. Ha dedicato la sua attenzione anche ai valori umanisti-liberali e idee culturali di speranza (la solidarietà, l’innato ottimismo, le ricompense vanno automaticamente di pari passo con la correttezza e il duro lavoro). Purtroppo, la fiducia di Jackson per le sue idee di solidarietà ha ricevuto duri colpi e ha subito forti critiche in oltre 50 anni, ma ha portato avanti instancabilmente le sue idee fino alla fine, come umanista e credente. Uno non deve necessariamente condividere in pieno la sua fede e i valori su cui ha basato tutta la sua vita e di seguire il suo stile di vita. Knopper non fornisce alcuna impressione della forte personalità che si rivela nei rapporti meno pretenziosi.
Nelle opere alternative che ho citato, emerge anche un ampio accordo su un aspetto importante che Knopper avrebbe fatto bene a prendere in considerazione: il fatto che Jackson era un artista di enorme originalità, immensa abilità, e l’influenza guadagnata merita di essere trattata con l’attenzione e il rispetto che di solito è riservato ai grandi artisti, che è, con la ferma focalizzazione della performance artistica, sulla base della rispettiva vita. La vita di Jackson non può essere separata dalla sua arte, e viceversa. È indivisibile. L’ambizione di Jackson, il suo anticonformismo polivalente, il suo stile insolito, la fantasia esuberante, le sue debolezze, le ossessioni e i desideri, la sua allegra vitalità, l’ambivalenza e la misteriosità, la sua generosità, l’idealismo, la curiosità, la reticenza, la compassione, la paura, la fede religiosa, l’ottimismo, la diffidenza, lo stupore, l’isolamento – niente di tutto questo può essere compreso senza la sua opera, e tutto questo è parte di esso.
Questa visione è in contrasto con le idee di partenza di Knopper. Infatti, Knopper segue esattamente il modello della suddivisione, che Tanner Colby ha criticato nel 2014:
Abbiamo messo “Billie Jean” e “Thriller” in una scatola e la sua vita personale in un’altra scatola e facciamo del nostro meglio per non starci a pensare troppo.  […] Ma si deve scavare nell’essere umano, sotto i miti e le la disinformazione, che è stata costruita nel corso dei decenni. [16]
Knopper tenta di andare in profondità. Il risultato è la stessa vecchia biografia che trascura l’arte, il pubblico è ferito, e umilia l’artista.
Knopper mantiene sempre un tono altero verso Jackson. Prendiamo, ad esempio la risposta di Knopper ad una scena in cui Will Vinton avrebbe visitato la casa di Jackson. “Vinton non poté fare a meno di notare le immagini di bambini […] che erano allineate sulla parete della sua camera da letto,” ci informa Knopper maliziosamente.
“Sai, Michael, un sacco di gente non capirebbe questo”, ha detto [Vinton]. Ma Michael è rimasto impassibile: “Amo i bambini. Credo che i bambini siano qualcosa di meraviglioso, e mi fanno felice.” Vinton non replicò. Egli credeva all’idea che Michael fosse un eremita eccentrico con  l’innocente idea di vedere i bambini come una sorta zattera per la vita per navigare il mondo. È stato facile concedere a Michael la fiducia ora.
Molti tratti qui sono caratteristici. Si noti, in primo luogo, come Knopper si sforza di proteggere se stesso. Forse si sente un po’ sciocco di attaccare direttamente la rispettabilità di Jackson in tutto quello che oggi è conosciuta come una lunga storia di false accuse, ricerche energiche e sollievo finale – e dopo che sia Halperin e Sullivan hanno detto che avevano iniziato con le ricerche per le loro biografie, nella fede della colpevolezza di Jackson e hanno finito con la convinzione della sua innocenza. [17] Pertanto, Knopper non riesce a dire apertamente che Jackson era qualcosa di diverso da “innocente” e “stravagante”, ma induce ad alimentare con abilità, e consigli utili, sospetti e allusioni indirettamente.
Vinton è messo lì per ogni lettore che potrebbe sentirsi a disagio con tutti questi sottili pungoli. Knopper implica che, sia il lettore e Vinton, trovano troppo facile “dare a Michael il beneficio del dubbio” – solo Knopper lo sa bene. Considerando la quantità di prove che abbiamo ora, la conclusione più logica è esattamente quella che Jackson offre in questo aneddoto: si fidava dei bambini, e ha idealizzato e ha goduto della loro compagnia, o aveva bisogno anche di essi. È insolito? – Sì. È un crimine? – No.
Le preparate “citazioni” di Jackson sono anche una caratteristica di Knopper – senza starci a pensare lascia a Jackson il ventriloquio, – così anche la somiglianza del tono di Knopper suona a quella dei media tabloid tra il primo tentativo di estorsione (1993) e il processo del 2005. Questo è notevole, perché in quel periodo, c’erano meno prove accessibili al pubblico, sul fatto che Jackson era innocente delle accuse mosse contro di lui. Oggi ci sono buone ragioni per credere che “io amo semplicemente i bambini” in realtà era una vera dichiarazione, e meno motivi che le allusioni di un cronista andassero in altre direzioni. Perché, allora, Knopper come un pappagallo usa lo stesso tono dei tabloid più dubbi di oltre dieci anni fa? Perché lo vuole. Questa decisione definitiva non dice nulla di Jackson, ma la dice lunga sulle intenzioni di Knopper con questo libro. [18]
Forse ancora più inquietante che Knopper è abbastanza consapevole del fatto che i risultati, come ora si presentano in base a tutte le prove, corrispondono alla verità: che Jackson, costantemente valutato e sfruttato per tutta la sua vita, in realtà nei bambini “una zattera di salvataggio innocente, ha trovato per aiutarlo a navigare nel mondo.” È sconcertante sentire come Knopper lo dice chiaramente, per poi tornare a seminare dubbi sulla autorevolezza di Jackson.
Al punto Knopper deve fare molto per far sembrare Jackson malvagio, e deve insultare Vinton (e il lettore pensante) con questo approccio, ma lui crea tutto questo. Alla fine, è solo il vantaggio finanziario della biografia “definitiva” la capacità di mantenere in vita, i crimini terribili che alla fine verranno alla luce. Nel momento in cui Knopper ha finito, è come se non ci fosse mai stato un processo con una copertura mediatica a livello mondiale, durante il quale Jackson è completamente scagionato e suoi accusatori si sono rivelati dei truffatori. Ho letto la trascrizione del processo, quindi come me, anche Knopper avrebbe potuto fare lo stesso.
Per ragioni di cui parlerò tra un momento, non credo che questo libro avrebbe potuto essere sempre qualcosa di pernicioso, ma avrebbe potuto essere più interessante, almeno. Forse Knopper non sarebbe stato così noioso con se stesso, si sarebbe reso conto fino a che punto l’arte di Jackson è stata anche una questione politica. Non è molto importante che Jackson sia apparso in conferenze stampa con il suo scimpanzé, quando la sua musica era diretta a gruppi che in precedenza sono stati tenuti separati come pubblico e cittadini.
L’ambidestrismo culturale di Jackson era una forma d’arte in sé, ed era (e rimane) una forza politica. Egli “ha parlato” il dialetto di molte classi sociali, razze e generi – verbalmente, musicalmente e visivamente. Si muoveva con grazia divina con una ricchezza senza precedenti di linguaggi del corpo e gesti, il tono della voce, la postura e uno stile unico nel vestire.
Questa abilità culturale polivalente, tra cui il suo aspetto volutamente enigmatico, è la parte più importante da prender in esame per sfidare il duplice pensiero del lavoro di Jackson. L’arte di Jackson ha rivelato, (e trionfa in esso, per mostrarla) destabilizzanti sovrapposizioni tra gli opposti ben distinti – passato e presente, gioventù ed età adulta, maschio e femmina, giovani e vecchi, spirituale e materiale, rabbia e amore, arte e business, gioia e dolore. Il suo lavoro complica fondamentalmente le categorie riduttive che sono considerate realtà. Questo è un modo che Jackson ha storicamente incarnato con una speciale sensibilità postmoderna.
Forse Knopper avrebbe potuto sostenere un suo interesse (e il nostro), se avesse pensato a Jackson, parlando in modo consapevole a proposito di difendere l’idea che ci sono molti modi diversi di conoscenza, non per imparare, ma per sapere. [19] Per Jackson è stata l’esperienza in sé, un esercizio. L’arte era un piacere sensuale, un’epistemologia, un risveglio spirituale, e un’azione politica. Queste credenze e le pratiche sono alla base della creatività e del potere di Jackson.
Mi avvicino a difendere il gusto di Jackson nell’arte. Non condivido la sua propensione per lo schlock, e credo che i suoi sforzi come autodidatta, non potrebbero sostituire mai un’educazione formale, a lui negata. (comunque, come insegnante, è normale che io veda le cose così). Il punto è che, la sua tendenza verso il kitsch e il sentimentalismo erano spesso messi fuori un contesto più ampio, che avrebbero spiegato più precisamente come la sua immaginazione ha funzionato. [20] E ha mostrato un maggiore senso d’umorismo e ironia, che è stata riconosciuta dai media mainstream. Tradizionalmente la critica su Jackson, che è “seriamente morta” e priva del senso dell’umorismo, non lui in sé.
Non dico, neanche, che Jackson fosse sicuramente retto (chi lo è?) o che avesse il monitoraggio costante degli effetti che ha prodotto (un’aspettativa impossibile per qualcuno il cui lavoro è stato, consumato e ispirato da decenni da tutte le culture). Ma quello che voglio chiarire è che Jackson era esigente, un artista ben informato –  un “pensatore” in realtà, ma di fatto, è troppo limitato tale termine per i vari tipi di conoscenza che ha usato – e un consapevole, creatore molto originale. Sono critica di Knopper dell’instancabili altrimenti conclusioni e del suo predeterminato tono di condanna, perché penso che entrambi siano radicati nei propri limiti, l’immaginazione e i pregiudizi del biografo. Egli non sembra in grado di prendere in considerazione le idee diverse da quelle della fratellanza privilegiata e limitata dei biografi a cui si unisce.
Penso che Knopper si sia concesso il diritto di giudicare Jackson con una certa facilità, per diversi motivi. Da un lato, sembra essere ricco e famoso da far salire in bocca la bile ai giornalisti e ai loro lettori, e Jackson, che è nato in circostanze molto semplici, è diventato così ricco e famoso, come si può essere solo – con suo grande dispiacere. Jackson, solo di recente scomparso, per molti di noi, è ancora sentito come un contemporaneo – alcune persone si rifiutano di rispettare i propri contemporanei. E come ho già detto, si può facilmente cadere nello stereotipo di “solo” popolare artista, Jackson. La denigrazione sottilmente implicita di popolare corre chiaramente attraverso l’intero MJ, è un affascinante e rivelatrice ironia, che vale la pena di fermarsi a riflettere su di esso.
Naturalmente, Jackson è stato un artista popolare.  Sapeva tutto su come funzionava la musica pop, e ha dato al mondo alcune delle canzoni popolari di maggior successo e influenti di sempre. Ma non c’è ragione per denigrare il suo operato – soprattutto non, se come dice, di essere un redattore di Rolling Stone, una rivista, che sostiene di informare sulla cultura pop (e questa volta in senso molto stretto). Il disdegno di popolare, tra cui i fan, passa nell’intero MJ, e Knopper espone fondamentalmente come con un’estetica tradizionalista, se non snob. Credo che questo non sia adeguato dal punto di vista da cui Michael Jackson è leggibile.
Invece, Jackson rende necessario che i pensatori tradizionali come Knopper a ripensare completamente il valore di “popolare”. Nel lavoro di Jackson, molte forme culturali si sono riunite da tutto il mondo. Senza riguardo, ha preso tutto ciò che ha imparato, cose “grandi” o “piccole”. Ciò che è emerso da questo è stata una performance artistica che supera costantemente tutte le categorie che sono poste su di loro.
Musicalmente, il lavoro di Jackson è stato infuso non solo di R & B, soul, disco, gospel, e “Motown sound”, come è riconosciuto, ma anche dalla musica “classica” (soprattutto del 19° secolo, ha sempre citato: Debussy, Tchaikovsky, Beethoven, e altri), Jazz, Hip-Hop, New jack swing, filastrocche e ninne nanne, spoken-word performance, stili musicali africani, e altro ancora. Nella danza, ha preso in molte tradizioni storiche, etniche e regionali, tra cui il tip tap, ballroom, swing, disco, funk e urban street dance, e la pantomima. Jackson è stato anche un artista visivo di talento, influenzato dalla tradizione della scultura e della pittura europea e americana, così come un fotografo appassionato dilettante e un innovatore di film. La sua conoscenza della musica, del teatro e il cinema era enciclopedica – e non comprendeva solo la sceneggiatura, registi e attori, ma le decisioni in materia di composizione, messa in scena, illuminazione, struttura narrativa, e la funzione degli effetti speciali.

 BEST DANCER EVER

Inoltre, Jackson ha imparato i principi della produzione musicale come adolescente. Ha sviluppato una sofisticata conoscenza dell’ingegneria del suono, diritti musicali e la proprietà, marketing di massa, composizione, coreografia, scenotecnica e tour, e videografia. Ha svolto esperimenti sonori, che ancora oggi sono in anticipo sui tempi. Come giovane adulto, ha gestito centinaia di dipendenti. Egli cercò insegnanti di diverse fedi, e rimase fedele alla fede dei Testimoni di Geova e alla fede cristiana per tutta la sua vita. Leggeva costantemente, era curioso e ha pubblicato delle sue poesie e prosa. Frank Sinatra lo ha chiamato “l’unico cantante maschio migliore di me”. Fred Astaire ha detto, “Non voglio lasciare questo mondo senza sapere chi sarà il mio discendente. Grazie, Michael.”
Quindi il fatto che Jackson era una figura pop è qualcosa di parziale, e incompleta per spiegare come mai l’analisi di un artista a tutto tondo è sprofondata nel gossip sensazionalista. Credo che la forza di questa denigrazione a preventiva, funziona come una guida per Knopper, riconducibile solo al genere di snobismo. Anche il razzismo è parte di esso – non solo nel tono della narrazione biografica “definitiva”, ma come realmente esistente. È difficile immaginare che chiunque altro, che non sia un membro bianco maschio della stampa pubblica statunitense, gli sarebbe stato concesso dei fondi, per un libro così inutile, come per la produzione di questo e il mercato, o definire uno degli artisti più influenti a livello globale di una generazione in modo così presuntuoso. [21]
Knopper è contro il razzismo, che Jackson ha sperimentato durante la sua vita, non è cieco. Egli cita l’osservazione di Jesse Jackson, che la cauzione fissata per Michael Jackson è stata “il triplo […] della cauzione per il bianco Phil Spector accusato di omicidio” e l’osservazione di Rick James, che Elvis Presley non è mai stato processato anche se molti credevano che dormisse con la moglie Priscilla quando aveva quattordici o quindici anni” Knopper cita questi confronti, ma come sempre non lo fa con la sua stessa voce: Jesse Jackson e Rick James devono stare un gradino più alto e dire le testuali parole. E anche allora, Knopper soffoca le loro voci dal suono tenue con il suo tono uniforme e il suo tema onnipresente: l’inevitabile, completa e meritata rovina di Jackson [22]
Jackson è sempre stato un parafulmine per il razzismo, non solo perché era nero, ma lui era anche “bianco” e molti di coloro, erano preoccupati per la loro posizione nelle gerarchie razziali [23] Questo è stato il reale e imperdonabile Crossover-Act.
Il fatto è, naturalmente, che Jackson non era “bianco.” La sua pelle ha perso gradualmente la pigmentazione, e “bianco”, dovrebbe essere sempre, una condizione di depigmentazione –  questo è un vecchio termine razzista. Fin da giovane Jackson ha sofferto di vitiligine, una malattia che può essere scatenata da diversi fattori, tra cui lo stress psico-fisico, come il lupus eritematoso sistemico, di cui ha anche sofferto.  Entrambe le malattie rendono la pelle molto sensibile al sole. Jackson ha gestito questa sua affezione in funzione delle proprie esigenze. [24] Bisogna considerare, tuttavia, che nascondere, alleggerire, e rendere invisibili le macchie sono cure comuni tra le persone che soffrono di vitiligine.
Importante non è come Jackson ha affrontato il lupus e la vitiligine, ma fino a che punto la sua evoluzione e il disagio del diverso colore della pelle ha causato tra la gente “bianca”. La reazione, ancora una volta, non è in primo luogo su Jackson. Invece, è un’indicazione del timore, che è causato, ogni volta che qualcuno – in particolare un’icona pop ammirato in tutto il mondo, smentisce le finzioni razziali, tra cui la finzione in continua evoluzione di “bianco”, che tiene in vita le gerarchie della società.
Dati tutti questi fatti, ci si può davvero chiedere: perché Knopper era tanto interessato a Jackson, in modo da sfornare tutt’altro che un libro? Da dove viene la motivazione? Secondo la pagina dei ringraziamenti, questo libro rappresenta una ricerca nel corso di tre anni (per inciso, esattamente il periodo di tempo tra la comparsa di Sullivan Untouchable e Knopper MJ). Se andate a leggere tra le righe, sembra che il progetto abbia richiesto un notevole sforzo promozionale e due agenti letterari prima che Scribner finalmente accettasse. Perché Knopper ha fatto questo, e perché Scribner l’ha pubblicato?
Vorrei suggere la risposta, che può essere espressa con il termine: malafede. Questo libro non esisterebbe se, né l’autore e l’editore avessero creduto che non avrebbe venduto, sia che trasmettesse qualcosa di valore o meno. Per Knopper e Scribner, poco importa che MJ sia deludente –  una volta che ha preso il suo posto come la biografia “definitiva” di Jackson, porterà un profitto garantito a prescindere. Jackson rimane molto commerciabile – Knopper/Scribner può attirare una quantità considerevole di acquirenti sicuri.
Knopper utilizza anche la sua connessione con riviste di intrattenimento, un tipo di supporto che per la maggior parte ha tormentato Jackson. “Perché non basta dire alla gente, sono un alieno venuto da Marte?” Ha detto Jackson infastidito. Dite loro mangio polli vivi e che faccio una danza voodoo a mezzanotte. Crederanno a qualsiasi cosa tu dica, perché sei un giornalista.” [25] Knopper conta proprio su questo. Il suo MJ è solo l’ultima testimonianza della triste conferma della dichiarazione del Guardian poco dopo la morte di Jackson: “Il re è morto! Viva il profitto!” [26] e Knopper/Scribner impostano un copione su 50 anni, introdotto come un bambino di incredibile talento che è stato sfruttato, costretto e messo sotto pressione per diventare il capofamiglia di una grande famiglia, che recuperava il sonno a scuola e invano cercava di nascondersi sotto i mobili per sfuggire al lavoro instancabile (cinque spettacoli a notte, sei e talvolta sette giorni a settimana). Investito di responsabilità come un adulto, ogni giorno ha affrontato un grado di esposizione al pubblico che, come lui ha detto più tardi, è stato spaventoso.
La musica non cambia e nel corso di decenni ha continuato, come un esercito di parenti e “amici”, manager e discografici, avvocati, medici, consulenti, commercianti, dipendenti, e protettori autoproclamati spudoratamente, in ciò che Zack Greenburg in O’Malley Michael Jackson, Inc ha chiamato…i paparazzi hanno mangiato bene sulla violazione della sua vita privata, e le persone dei media hanno costruito la loro carriera danneggiando il suo diritto alla presunzione di innocenza. A 50 anni, è stato convinto ad un accordo di 50-concerti – i consulenti lo convinsero che il calendario estenuante era l’unico modo per recuperare la sua situazione finanziaria, anche se i beni ora, senza una singola performance dal vivo ha più che recuperato – durante il quale il re è morto per mano di un medico corrotto in cerca del profitto, che nel frattempo è stato punito per il reato.
Il senso della vita e la carriera di Jackson è molto di più di questa sintesi triste di abuso e di disumanizzazione. Eppure, è stato ferito irrevocabilmente, il suo lavoro e la vita ridotta dalla spietatezza, lo sfruttamento onnipresente.
Questa procedura è continuata nel libro di Knopper, che pur non contribuendo a migliorare la comprensione della vita di Michael Jackson e del suo lavoro, ha già, comunque raggiunto il suo scopo: il genio fa fare i soldi con profitto alle altre persone, ancora una volta. Inoltre, Knopper ora che ha ripetuto la storia ben nota, sarà visto come un esperto, perché è così che crede che lui sia. Egli stesso si è insignito di una certa proprietà su Michael Jackson.
La cattiva fede ha guidato questo libro e continua oltre esso. Credo che la malafede sia una caratteristica distintiva di tutto il genere delle “biografie definitive”, non solo in questo caso. MJ di Knopper è deludente, ma una biografia insoddisfacente, scritta sullo stile delle biografie di Jackson, con le stesse intenzioni dichiarate – “Definitiva!” “Completa”! “Tutta la storia!” – è inconcepibile. Il progetto in sé è una menzogna. Per questa ragione Taraborrelli, Sullivan e Knopper sono tutti così simili, e sono tutti insufficienti.
Anche se uno scrittore migliore rivelasse – uno che, a differenza di Knopper, apprezza l’arte di Jackson e cerca di comprendere oltre il tornaconto personale,  secondo una mitologia redditizia – sarebbe una biografia “definitiva” ancora impossibile. Come mai? Perché Jackson era una persona veramente incredibile. Questo è un punto su cui tutti quelli che erano vicino a lui sono d’accordo (gli stessi familiari, donne, i colleghi e amici per tutta la vita). Non è possibile descrivere Michael Jackson in alcune centinaia di pagine – o poche migliaia. L’impresa “definitiva” ha la sua cacofonica irriducibile e contraddittoria, eccessiva, soggetto incomprensibile di fare violenza. Non si tratta solo di Jackson, che sia un soggetto improponibile per le rivendicazioni di una biografia “definitiva”. Ognuno è eccessivo. Perché era così abile, così diverso, vario e artisticamente imperterrito, da rendere il caso di Jackson tale, che la portata e il cinismo di una “biografia definitiva” è troppo evidente; ma il non essere ridotto, non corretto per la portata della ricchezza presente in Jackson, non è specifico solo a lui.
Credo che una “biografia definitiva” di per sé sia impossibile, e non fattibile? Sì.  L’impresa è un problema in sé. Appena si inizia a scrivere una “biografia definitiva”, sono state già dettate le condizioni che vanno contro il pensiero e l’empatia, e anche contro la sincerità. MJ rende visibili queste presupposizioni – ci sbatte contro, infatti – mina nel processo non solo le sue proprie pretese, ma anche le esigenze di questo stile di scrittura, per il quale si pone come un esempio. Questo potrebbe in realtà, rivelarsi il più grande valore di questo libro.
Perché è importante? Poiché uno dei requisiti di una biografia “definitiva” consiste nel fatto che si può contare su un tacito accordo di tutti i soggetti interessati (scrittore, editore, lettore) di accettare la riduzione di una persona gloriosa illeggibile per un prodotto commerciabile – in una cosa limitata, inequivocabile liberamente disponibile per impossessarsene. Il requisito, a sua volta, aiuta a rafforzare le bugie convincenti e politicamente interessanti su ciò che le persone sono (assolutamente illeggibili di conoscere pienamente e in modo affidabile per valutare e perché sono necessari per sostenere – a beneficio di coloro che giudicano). Queste sono le stesse bugie che promuovono e mantengono l’ingiustizia.
Nel 1993, Jackson ha condiviso con Oprah Winfrey la sua opinione su come il giornalismo scandalistico fabbrica le sue storie. “Qualcuno inventa una storia, e tutti gli altri dovrebbero crederci”, ha detto semplicemente. “Se una bugia viene raccontata abbastanza spesso, si inizia a crederci.” L’esperienza di Jackson ha confermato queste intuizioni, ma c’è qualcosa di più. Ogni volta che queste bugie comuni su Jackson si ripetono nel corso, qualcosa di diverso da queste specifiche bugie è stata data una vita mostruosa.
C’è anche una questione di fondo da parte delle forze culturali e gli attori del mainstream che hanno risvegliato (o risuscitato) quando era vivo Jackson lo sentivano come una minaccia. Questo gruppo è pronto a svalutare la cultura popolare, la vita estranea, e altre visioni del mondo, e hanno sempre cercato di svalutare Michael Jackson, uno dei più potenti incarnazioni di tutto questo. Knopper ha rianimato questa questione, in cui si permette di far immaginare ai lettori un artista straordinario e uomo complicato solo come una figura stilizzata in un racconto morale.
Non importa se Jackson “definitivo” è come “magico” e “folle” (Taraborelli), “strano” e “tragico” (Sullivan), o come qualcosa di non specificato, chiamato “genio” (Knopper). È la stessa cosa – non perché questi termini hanno lo stesso significano, ma perché hanno lo stesso fine: la valutazione finale, la categorizzazione ordinaria, il rifiuto. In questo modo un grande artista è assoggettato, per le stesse ragioni, come nel caso della colonizzazione: il profitto e la conservazione del potere del già potente.
Jackson ha lavorato troppo duramente, e ha ottenuto troppo, e ha troppa gente ha portato troppa gioia – era semplicemente troppo – per essere ridotto in questo modo. Egli merita di meglio, così come tutti coloro che vogliono imparare qualcosa da lui. Credo che i lettori attenti già sanno, e diffidano di progetti come Knopper. In realtà, molti lettori oggi sono potenzialmente cinici agli scritti su Michael Jackson, supponendo che ci potrebbe essere un ulteriore tentativo di auto-promozione e sfruttamento. Quindi un cinismo standard è comprensibile – opere come Knopper lo confermato certamente – ma questo può far perdere altri tipi di lavoro di Jackson, come il lavoro che, come ho notato, certamente cambia il discorso.
Naturalmente, non tutto quello che è discusso al di fuori di biografie “definitive” di Jackson sono dei veri lavori alternativi. Neanche per sogno! Gran parte di ciò che passa per l’analisi di Jackson è altrettanto egoista e di sfruttamento come il libro di Knopper, e alcune cose sono anche peggiori. Anche alcuni ammiratori di Jackson, fanno a volte congetture, che non sono molto diverse da quelle dei detrattori e parassiti, operando semplicemente invertendo i termini. Se non saranno completamente acritici circa le forze sovrumane e le divine abilità di “Michael”, gli ammiratori di Jackson vedranno nella parte posteriore dello specchio di Knopper e scopriranno lì, come Knopper, è solo un riflesso di loro stessi. Michael-culto non è più una soluzione, come ad esempio una istintiva ostilità e denigrazione.
Studi più responsabili e informativi di Michael Jackson non lo hanno ridotto neanche a un eroe o un criminale. Gli approcci più promettenti, non sono quelli di provare a negare o spiegare razionalizzare le particolarità di Jackson (in ogni senso più ampio che la parola racchiude), e per quanto possono essere diversi, hanno una cosa in comune e vanno deliberatamente contro l’abitudine di rendere semplici giudizi decisi.
Pubblicati  su diverse piattaforme (non solo in forma di stampa), resistono all’impulso di trovare la chiave finale al mistero di Jackson e al mercato, con la consapevolezza che questo impulso è precisamente il problema. Coloro che sono interessati a fare qualcosa di diverso, sono modestamente propensi inoltre, come ho già detto, a descrivere i loro obiettivi e capacità: essi non si presentano come esperti per superare in modo determinato i precedenti esperti, ma come voci in una conversazione che continua, si sviluppa continuamente si espande. Sono alla ricerca di una comprensione di Michael Jackson, che è stato a lungo eclissato da un trattamento “definitivo” e il giornalismo pubblico: una meravigliosa fusione di intelletto, istinto, immaginazione, bellezza, grazia, scandalo, errori, e cuore. Un essere umano.
Tali lavori sono già in giro, e sono pubblicati quasi ogni giorno. Questi fanno qualcosa che non può Knopper: ci insegnano ad apprezzare il luminoso segreto di Michael Jackson – che in lui abbondava, e che non si può possedere o definire – senza fingere di non capirlo e senza nemmeno svalutare come mania. Nessuno conosceva Michael Jackson, e nessuno mai lo conoscerà. [27] Ma noi non possiamo conosce lui, più onestamente, in modo più produttivo e più rispettosamente, se Knopper e la sua stessa gente pensano che possiamo. In questo senso, MJ di Knopper, sebbene ambizioso nel suo genere, non lo è abbastanza. Il Jackson di Knopper, la sua comprensione di ciò che Jackson ha dato a noi e la sua visione di ciò che abbiamo ancora bisogno da Jackson è troppo poca e semplice. È il momento di qualcosa di diverso.
È consuetudine dichiarare alla fine di una recensione negativa, che abbiamo ancora bisogno di un lavoro, il cui scopo, dovrebbe mirare a ciò che era destinato lo studio – in questo caso, sarebbe un’informazione affidabile, standardizzando, la biografia “definitiva” di Michael Jackson. Spero di aver chiarito il motivo per cui non dirò questo. Ma ecco quello che voglio dire: facciamo all’MJ di Knoppers l’ultimo libro di questo genere, quello che è stato fatto a Michael Jackson. Non abbiamo bisogno di questo libro, e non abbiamo bisogno più di questo genere, in quanto lo stesso approccio può portare solo ancora una volta allo stesso risultato.
Tuttavia, abbiamo bisogno di modeste, sulla base di prove, opere commemorative e studi più elaborati che mettono l’arte di Jackson al centro. Abbiamo bisogno di studi su Jackson, che cercano una comprensione della sua arte come parte della storia – sia la sua storia personale, ma anche la vostra e la mia storia, e la storia del tardo 20° secolo e all’inizio del 21°. Jackson è importante, e continuerà ad esserlo, perché il suo lavoro era parte cruciale formativa della storia di tanti. È particolarmente attuale, in questo momento di emergenza nazionale, quando dobbiamo insistere sul fatto che “Black Lives Matter” (Le vite dei neri contano). Per capire meglio il lavoro di Jackson – con più attenzione, con più rispetto, mai completamente – è un modo per capire meglio noi stessi e gli altri.
Abbiamo bisogno di più studi su Jackson, che non evitino di prendere un altro punto di vista rispetto alla forza dei media mainstream. Gli studenti di Jackson, in particolare accademici affermati e riconosciuti dagli intellettuali pubblici (che sono professionisti nel loro campo, come i giornalisti freelance come Knopper), devono essere dei pionieri nella pratica costante di essere onesti circa il loro soggetto, devono trattarlo con lo stesso rispetto che normalmente mostriamo ai grandi artisti, non averlo con arroganza o l’assunzione di superiorità o il desiderio. Abbiamo bisogno di documenti che non siano troppo narcisisti per celebrare la politica, la morale, e, oserei dire, il significato spirituale di questa pop star. Abbiamo bisogno di lavorare attingendo alla gioia incandescente di Jackson e ricordare il motivo per cui egli significa ancora tanto per molte persone. Jackson era un artista innovativo e coraggioso, e merita audaci, innovativi critici.
Così: caveat emptor (Stia in guardia il compratore – espressione latina da Wikipedia). Invece di spendere tempo e denaro per MJ: The Genius of Michael Jackson, si potrebbe preferire di fare qualcosa di più divertente e gratificante: ascoltare la musica di Jackson con più attenzione. Si può iniziare con gli album da solista da Off the Wall a Invincible (per passare ai remix di Blood on the Dancefloor), e poi tornare ad ascoltare, la voce malinconica di un bambino stranamente vecchio nelle registrazioni come “Ben”, “I’ll Be There” e ‘Music and Me’. Ma non solo le più familiari: dovete ascoltare, anche ‘Santa Claus is Coming to Town’- una lezione sulla drammatica, perfetta voce di un bambino, a cui non è stato permesso di festeggiare il Natale – e “ABC” o “Sugar Daddy”, canzoni che incarnano ciò che è sbagliato con la celebrità bambino, nonostante tutto lo sforzo. Poi si potrebbe prendere in considerazione di leggere i libri propri di Jackson, Moonwalker e Dancing the Dream, o ascoltare il discorso che tenne all’Università di Oxford o la sua protesta contro la Sony Music che si trasformò in un discorso di difesa della musica nera, o le sue interviste e testimonianze in tribunale. Guardate l’appello trasmesso alla televisione a livello nazionale di Jackson per un processo equo, mentre i tabloid plagiavano l’opinione pubblica, e il video di confutazione, che girò in risposta ad un attacco di Martin Bashir. E per finire in bellezza: fare un piacevole tuffo guardando i cortometraggi e i tanti video concerto, come si possono trovare, e ballare senza paura.
“Non è compito mio giudicare,” ha detto Jackson, “e non è neanche il vostro.” Fermiamoci di speculare su Michael Jackson e di giudicare, e di agire come se lo potessimo capire. In ultima analisi, non sarà un problema che non lo sapremo mai o “definire”, ma per festeggiare. Abbiamo una marea infinita di possibilità di essere sorpresi da lui, e ispirati.
(Ringrazio Willa Stillwater per il supporto editoriale.)
https://lareviewofbooks.org/article/time-for-something-different/
FINE
[1] Sullivan, Untouchable: The Strange Life and Tragic Death of Michael Jackson (Grove Press, 2012); Taraborrelli, Michael Jackson: The Magic, The Madness, The Whole Story, 1958-2009 (formerly Michael Jackson: The Magic and the Madness) (New York: Hachette, 1991, 2009).
[2] Appetite for Self-Destruction: The Spectacular Crash of the Record Industry in the Digital Age (Soft Skull Press, 2009).
[3] See Joseph Vogel “The Misunderstood Power of Michael Jackson’s Music” The Atlantic Feb. 8, 2012. (http://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2012/02/the-misunderstood-power-of-michael-jacksons-music/252751) and D. B. Anderson and Willa Stillwater, “The Selling Out of Rock & Roll – Say What?Dancing with the Elephant, Nov 19, 2015. (http://dancingwiththeelephant.wordpress.com/2015/11/19/the-selling-out-of-rock-roll-say-what)
[4] Attorneys John Branca and Thomas Mesereau did, it seems, speak with Knopper, but strangely enough, neither seems to have said anything that he hasn’t been quoted saying before. Other in-person interviews Knopper managed to score are often with decidedly secondary players: junior staff from recording studios decades ago, an employee at the R-Country Market in Los Olivos, California (where Jackson occasionally shopped), a minor MTV correspondent who opines that Jackson’s skin looked “very strange” to her. If, as he asserts, Knopper interviewed “450-some sources” for MJ, he made poor use of their time.
[5] I found only one moment of doubt, when Knopper admits that “I have no reason not to believe [his source] […] other than people have a tendency to write themselves into Michael Jackson’s history.” The insight has no discernible impact on how Knopper proceeds (he seems immediately to forget it), but it rang in my ears for 400 pages more.
[6] See, e.g., Michael Awkward, Negotiating Difference: Race, Gender, and the Politics of Positionality. Chicago: University of Chicago Press, 1995; Harriet Manning, Michael Jackson and the Blackface Mask. Farnham: Ashgate, 2013; Willa Stillwater, M Poetica: Michael Jackson’s Art of Connection and Defiance. Kindle, 2011, and “Monsters, Witches, and Michael Jackson’s Ghosts.” Popular Musicology Online, 2014.
[7] Since Jackson’s charitable heyday, cultures of giving have become increasingly sophisticated, not to say cynical. But Jackson’s humanitarian work was consequential and inspiring during his lifetime, and remains so in many parts of the world to this day. For a recent indication of the continued importance of Jackson’s efforts to “heal the world,” see the Ethiopian-Canadian musician Abel Tesfaye (a.k.a. The Weeknd)’s recent comment to none other than Rolling Stone: “People forget [that] ‘We Are the World’ is for Ethiopia,” Tesfaye observes. “At home, if it wasn’t Ethiopian music, it was Michael. He was our icon.” (Josh Eells, “Sex, Drugs and R&B: Inside the Weeknd’s Dark Twisted Fantasy,” Rolling Stone, Issue 1247 [November 5, 2015] p.42.)
[8] Clifton Davis’s “Never Can Say Goodbye” has been covered by Gloria Gaynor, The Communards, Isaac Hayes, Andy Williams, The Supremes, Smokey Robinson, Herbie Mann, Yazz, Sheena Easton, David Benoit, and Vanessa Williams, among many others. It was featured in 2006’s Happy Feet, in 2008’s Soul Men. The Communards’ version is the theme for the current British television comedy Vicious. That’s Knopper’s idea of “an obscurity.”
[9] There are many different interests at work in the near-universal tendency to call Michael Jackson by his first name, and the usage functions in a variety of ways. Not every use of “Michael” is presumptuous and ideologically suspect, but many are, including Knopper’s. Contrast Jackson’s effort, in his response to “Just Lose It,” to show respect by calling Marshall Mathers “Mr. Eminem.”
[10] Knopper helpfully cites himself. More than once he claims that sources have said things in an “Author Interview” that can already be found, sometimes verbatim, on the web.
[11] Lisa Marie Presley did not have three children when she and Jackson married. “Blanket” (now Bigi) Jackson’s hair was never blond. The “monkey room” at Westlake Studios is not large enough for a double bed, and never was. And so on.
[12] Ian Halperin, Unmasked: The Final Years of Michael Jackson (Transit Media, 2009).
[13] Knopper goes on briefly to mention the creditors’ claims against the estate currently being made by two men who swore under oath to Jackson’s blamelessness and now claim to have recovered memories of abuse; he quotes only the plaintiffs’ lawyers. Except for that subtle deck-stacking, Knopper provides no guidance and fills in no information. The same happens elsewhere in his noncomment (which does include a nasty swipe at “the fans,” always a safe target) about the class-action lawsuit now being pursued against Sony in regard to posthumously published tracks. (The music leviathan has been charged with profiting from doctored recordings fraudulently purported to be of Jackson’s voice.) Knopper takes no position on this current controversy, either.
[14] Wikipedia quotes Burt Kearns, a former producer of TV’s Hard Copy, saying that “Throughout the […] trial, Diane acted more like a prosecutor than a reporter. […] She was a clown in the circus […] Her performance in the Jackson case probably ended her hopes of ever again being taken seriously as a journalist.” Court TV fired Dimond upon Jackson’s acquittal.
[15] In English, see for example the very different work of D. B. Anderson, Elizabeth Amisu, Michael Eric Dyson, John Nguyet Erni, Nina Fonoroff, Marjorie Garber, Judith Hamera, Margo Jefferson, Aphrodite Jones, Lisha McDuff, Charles Martin, Sylvia Martin, Karin Marx, Christopher Smit (and some of the articles he edited in Michael Jackson: Grasping the Spectacle, 2012), Charles Thomson, Armond White, and Susan Woodward. This is a partial list, and does not include names mentioned elsewhere in this review. See also Spike Lee’s new documentary, Michael Jackson from Motown to Off the Wall.
[16] Tanner Colby, “The Radical Notion of Michael Jackson’s Humanity,” Slate.com, June 24, 2014. Colby eloquently pleads for a more compassionate approach toward Jackson, but he fails to question mainstream media outlets’ claim to authority over the artist’s story. The establishment perspective is perspective itself for Colby. “At best, we mourned the precocious, youthful, still-brown boy who’d become such a tragic, broken man,” he recalls of the days after Jackson’s death. “We didn’t mourn the man.” The observation is applicable only to the professional mourners of the corporate press (“we,” “us”). Millions of people invisible to Colby “mourned the man” (without necessarily considering him, media-narrative style, “tragic” and “broken”), and indeed continue to mourn him.
[17] Cf. Colby: “Once I really started digging into them, what surprised me was not just that the allegations are unfounded, but that they are so obviously unfounded. […] [They] have long been proved false, but they haven’t been replaced by a more compelling truth.”
[18] In interviews promoting MJ, Knopper has sometimes proclaimed Jackson’s innocence in ringing tones. See, e.g., an interview with The Denver Post’s John Wenzel posted on October 15, 2015, during which Knopper asserted, “I didn’t expect to be so thoroughly convinced of his innocence on child molestation charges.” The tone of MJ is very different — more cautious, insinuating, and hostile — and the disconnect is revealing.
[19] See, for example, Laura Maguire’s podcast, “Dance as a Way of Knowing,” on Philosophy Talk; Mark Harris, Ways of Knowing: New Approaches in the Anthropology of Knowledge and Learning (New York: Berghahn, 2007); Howard Gardner, Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences (New York: Basic Books, 1983). Jackson’s Dancing the Dream (1992) would have been one place for Knopper to learn how Jackson thought about the many ways of knowing he practiced, including music and dance, engagement with nature, silence and fasting, and sensitivity to the past’s ongoing life in the present. These ways of knowing do not replace reason, but exist alongside it and are just as important.
[20] We have surprisingly detailed records of Jackson’s collecting, viewing, reading, and listening. One unlikely source appeared shortly before his death in 2009, when virtually all of his moveable possessions were catalogued by Julien’s Auction House in Beverly Hills, California, for a posttrial fire sale. The auction never took place, but the catalogues are available (if wildly overpriced). The few I have seen indicate that Jackson valued and understood sophisticated works of imagination (as conventionally defined) as well as fanciful ones.
[21] Contrast, for example, Peter Guralnick’s work on Elvis Presley and Sam Phillips. The respect, scholarship, and care Guralnick brings to his work makes it utterly different in kind from the “definitive” biographies of Jackson. In the Denver Post interview cited above, Knopper compares his work to Guralnick’s.
[22] See Knopper’s judgmental (and factually inaccurate) assessment on 364-65; it epitomizes his moralistic approach to Jackson.
[23] See for instance The New Yorker’s revealingly titled “The Pale King: Michael Jackson’s ambiguous legacy,” by Bill Wyman (Dec. 24, 2012). “Jackson became the world’s biggest black star,” we read, “by shedding conventional images of blackness” — a “shedding” demonstrated, astoundingly, in the width of his nose, the color of his skin, and the absence in him of a hypersexualized persona. Writing on the occasion of Sullivan’s biography, Wyman repeats its worst excesses (“a face that had no nose,” e.g.). And like Sullivan, he makes gratuitous judgments on matters he can’t know anything about (Jackson’s marriage to Presley was just “P.R. spin”). Most of all, he worries about Jackson’s race and gender ambiguities, for instance declaring categorically, based on nothing, that the elder two children “are white.” Jackson himself, Wyman concludes without apparent self-consciousness, “ended up a shade.” “All that he really left behind” were “an ambiguous legacy, and a tarnished name,” bequeathed upon “some rich white kids.”
[24] Substantial photographic evidence and numerous eyewitnesses’ accounts, including Karen Faye, who worked as Jackson’s makeup person for more than 25 years, have demonstrated that for years Jackson covered the ever-growing light patches with dark makeup; remaining recognizably black was important to him. Only after there was too much light skin to cover successfully did he resort to using light makeup and chemically hastening the de-pigmentation of the remaining black areas. “He didn’t want to be spotted up,” Katherine Jackson has said. Despite Jackson’s efforts to cover and disguise it, many photos show the progressive ravages of vitiligo on his skin. The fact that both vitiligo and lupus pose serious skin cancer risks can explain Jackson’s habit of wearing sunglasses, hats, long sleeves, gloves, fabric arm braces, and layers of clothing, and, late in his life, of walking outside under umbrellas in the California sun.
[25] Taraborrelli p 570.
[26] Casper Llewellyn Smith, The Guardian, August 2, 2009.
[27] Cf. George: “The ‘meaning’ of Michael Jackson isn’t owned by anyone” (Thriller, 13). Contrast the glib title of Newsweek’s eight-page “special” section on July 13, 2009: “The Meaning of Michael.”
Traduzione di Grazia28 in esclusiva solo per ONLYMICHAELJACKSON
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